Pino Antonini

Pistard, quindi allenatore della Nazionale.

«Ho tanti ricordi su Franco, svariati aneddoti che dopo tanti anni mi sono rimasti ancora impressi. Su tutti, il fatto che lui si allenasse concentrandosi sul letto. Io sono stato allenatore della Nazionale per tanti anni: diciamo che come corridore ero inferiore a lui, poi ho intrapreso una carriera da tecnico, e sono tuttora dipendente Coni e dunque di atleti ne ho conosciuto parecchi. E posso assicurare che Franco è l’unico corridore che abbia mai visto allenarsi col pensiero: noi uscivamo su strada o in pista, lui rimaneva a letto e faceva le volate mentali. E’ una tecnica singolare che io non ho mai sperimentato, né su di me né sugli altri, ma evidentemente a lui riusciva perché poi andava in pista e vinceva. Da uno a dieci, lui valeva nove, ed era anche molto intelligente, era astuto. Poi c’era la sua indole, un po’ poltrona, un po’ da salotto, che si sposa poco con lo sport da alto livello: ma il suo motto era appunto “pochi allenamenti ma buoni”. Il massimo lo ha espresso nel tandem: lui guidava, era abile e scaltro, e dietro aveva spesso un “motore” importante, come poteva essere Giorgio Rossi, e a livello internazionale costituivano una coppia di assoluto valore. E a quel tempo, a differenza di adesso, i rivali erano tanti: ogni Paese del blocco dell’Est in quegli anni esprimeva un tandem di altissimo livello. 

«Indubbiamente il fatto che lui avesse buone doti, un ottimo cervello ma non tantissima voglia di allenarsi, alla fine tutto non gli ha permesso di esprimersi compiutamente. Per noi che eravamo più giovani era una specie di esempio, un punto di riferimento: ci insegnava le tattiche, ci dava i consigli, ci faceva un po’ da fratello maggiore, insieme con Valentini che era il tecnico. Era metodico, pignolo nella misurazione della bici, degli scarpini. Lui ricorda di una penalizzazione subita a Padova, ma io dico che è un po’ la storia comune di tutti. Sono episodi che valgono, certo, ma sono molto ricorrenti nella storia di tutti».